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Ipotermia per la neuroprotezione negli adulti dopo rianimazione cardiopolmonare


È difficile ottenere buoni esiti neurologici dopo un arresto cardiaco. In queste situazioni giocano un ruolo fondamentale gli interventi compiuti durante la rianimazione e il trattamento entro le prime ore dopo l’arresto.
Prove sperimentali suggeriscono che l’ipotermia terapeutica possa essere di beneficio.

Un gruppo di Ricercatori dell’Università di Vienna, in Austria, ha condotto una revisione sistematica della letteratura ( studi randomizzati e controllati ) e una meta-analisi per valutare l’efficacia dell’ipotermia terapeutica nei pazienti dopo arresto cardiaco.

I principali paratmetri di esito erano esiti neurologici, sopravvivenza ed eventi avversi.

Sono stati inclusi nella revisione sistematica 4 studi e 1 abstract per un totale di 481 pazienti coinvolti.

La qualità è risultata buona per 3 dei 5 studi e per questi 3 studi erano disponibili dati sui singoli pazienti.

Con i metodi di raffreddamento convenzionali, i pazienti nel gruppo ipotermia hanno mostrato maggiori probabilità di raggiungere le migliori categorie di performance cerebrale con punteggi di 1 o 2 ( scala CPC a 5 punti: 1= buona performance cerebrale e 5 = morte cerebrale ) durante la permanenza in ospedale ( dati individuali per paziente; RR=1.55 ) e maggiori probabilità di sopravvivere dopo le dimissioni (dati individuali per paziente; RR=1.35 ) rispetto ai pazienti sottoposti alle cure standard post-rianimazione.

Non sono state osservate differenze negli eventi avversi tra gruppo ipotermia e gruppo controllo.

In conclusione, i metodi di raffreddamento convenzionali, utilizzati per indurre una lieve ipotermia terapeutica, migliorano la sopravvivenza e gli esiti neurologici dopo arresto cardiaco. ( Xagena2009 )

Arrich J et al, Cochrane Database Syst Rev 2009; (4): CD004128


Neuro2009 Cardio2009


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