La terapia con ipotermia migliora la mortalità e l’esito funzionale dopo arresto cardiaco e asfissia alla nascita in adulti e neonati.
L’effetto della terapia con ipotermia nei neonati e nei bambini con arresto cardiaco non è noto.
Un gruppo di Ricercatori dell’University of Ottawa in Canada, ha compiuto uno studio di 2 anni, retrospettivo in 5 Centri e ha identificato 222 pazienti con arresto cardiaco.
Il 35.6% ( n=79 ) di questi pazienti rispettava i criteri di inclusione nello studio ( età maggiore di 40 settimane post-concepimento e inferiore a 18 anni, arresto cardiaco di durata maggiore di 3 minuti, sopravvivenza per 12 o più ore dopo la ripresa della circolazione e nessuna asfissia alla nascita ).
Il 36.7% ( n=29 ) di questi 79 pazienti è stato sottoposto a terapia con ipotermia e i soggetti sono stati raffreddati, in media, a 33.7 °C per 20.8 ore.
La terapia ipotermica è risultata associata a una più alta mortalità ( P=0.009 ), una maggior durata dell’arresto cardiaco ( P=0.005 ), più interventi di rianimazione ( P
Dopo aggiustamento per durata dell’arresto cardiaco, l’uso dell’ossigenazione extracorporea a membrana e il punteggio di propensione con l’uso di un modello di regressione logistica, non sono state osservate differenze significative nella mortalità ( P=0.502 ) tra i pazienti trattati con terapia con ipotermia e quelli trattati con normotermia.
Inoltre, non sono stati osservati eventi avversi associati all’ipotermia tra i due gruppi.
In conclusione, la terapia con ipotermia è stata utilizzata in casi di rianimazione che sono risultati associati a un maggior rischio di esiti non-favorevoli.
Nelle analisi aggiustate, non è stato possibile né sostenere nè negare l’efficacia della terapia con ipotermia.
E’ necessario uno studio randomizzato e controllato per valutare in maniera rigorosa i benefici e i rischi della terapia con ipotermia dopo arresto cardiaco pediatrico. ( Xagena2009 )
Doherty DR et al, Circulation 2009; 119: 1492-1500
Cardio2009